martedì, agosto 30, 2005

Carne

Egon Schiele, "Femme assise à la jambe repliée", 1917.
Craie noire et gouache. National Gallery, Praga


Carne
da coltivare
da dissetare
negli specchi
riscaldando il ghiaccio degli occhi
Scambio di carne
nei corpi
per continuarci
per allungare la memoria
conservare il bottino
alle somiglianze
che vediamo
solo noie
spesso violentiamo
perchè hanno disobbedito
con identità diverse
Carne
da lavoro
da sfruttare
da macello
da sesso
da mangiare
condita di preghiere
Carne
fotografata
da ricordare
da elogiare
da impressionare
Poi un'ostia
un calice sollevatosi
avalla la sordità
ma l'agnello bela
di dolore
al richiamo
di madre
è solo difesa dicono
non ha anima
come il nemico...
ancora carne
sdoganata per le fauci
Carne
marcia
nella terra
con l'anestesia
di filosofie e preghiere
Nella guerra del seme
ancora morti
un'eroe nella carne
ci continuerà
uno nella polvere
forse ci darà una patria
e nel cielo il sognod
i vedere le ossa...volare...

lunedì, agosto 29, 2005

Romeo&Juliet


ROMEO
Ride delle cicatrici chi non e' mai stato ferito.
(In alto appare Giulietta.)
Ma, piano, quale luce erompe da quella finestra?
E' l'oriente, e Giulietta e' il sole!
Oh, sorgi bel sole, e uccidi la luna invidiosa che e' gia' malata e pallida di rabbia, perche' tu, sua ancella, di lei sei tanto piu' bella.
Non servirla piu', quell'invidiosa: la sua vestale porta il malsano costume verde indossato solo dai buffoni. Gettalo via!
Oh, se sapesse che e' la mia donna, il mio amore! Oh se lo sapesse!Ella parla, pur senza dire parola. Com'è mai possibile? Sono i suoi occhi a parlare, e io rispondero' loro. Sono troppo ardito. Non e' a me che parla. Due tra le stelle piu' luminose del cielo, dovendo assentarsi, supplicano i suoi occhi di voler brillare al loro posto sin che abbiano fatto ritorno. E se i suoi occhi fossero in quelle sfere, e le stelle sul suo volto? Le sue guance luminose farebbero allora vergognare quelle stelle, come il giorno fa impallidire la luce di una torcia. E i suoi occhi, in cielo, scorrerebbero nella regione dell'aria con un tale splendore che gli uccelli, credendo finita la notte, riprenderebbero a cantare. Guarda come appoggia la guancia alla sua mano: potessi essere io il guanto di quella mano, e poter così toccare quella guancia!
GIULIETTA
Ahime'!
ROMEO
Ma parla...Oh, di' ancora qualcosa, angelo splendente, cosi' glorioso in questa notte, lassu', sopra la mia testa, come un messaggero alato del cielo quando abbaglia gli occhi stupiti dei mortali, che si piegano all'indietro per guardarlo varcare le nubi che si gonfiano pigre, e alzare le vele nel grembo dell'aria.
GIULIETTA
Oh Romeo, Romeo, perche' sei tu Romeo? Rinnega tuo padre e rifiuta il tuo nome, oppure, se non vuoi, giura che sei mio e smettero' io d'essere una Capuleti.
ROMEO
Devo ascoltare ancora, o rispondere subito?
GIULIETTA
E solo il tuo nome che m'e' nemico, e tu sei te stesso anche senza chiamarti Montecchi. Cos'e' Montecchi? Non e' una mano, un piede, un braccio, un volto, o qualunque parte di un uomo. Prendi un altro nome! Cos'e' un nome? Cio' che chiamiamo rosa, con qualsiasi altro nome avrebbe lo stesso profumo, cosi' Romeo, se non si chiamasse piu' Romeo, conserverebbe quella cara perfezione che possiede anche senza quel nome. Romeo, getta via il tuo nome, che non e' parte di te, e al suo posto prendi tutta me stessa.
ROMEO
Ti prendo in parola. Chiamami amore e sara' il mio nuovo battesimo: ecco, non mi chiamo piu' Romeo.
GIULIETTA
Chi sei tu che cosi' avvolto nella notte inciampi nei miei pensieri?
ROMEO
Con un nome non so dirti chi sono: il mio nome, sacra creatura, mi è odioso in quanto tuo nemico. L'avessi qui scritto, strapperei la parola.
GIULIETTA
Ancora le mie orecchie non hanno bevuto cento parole della tua voce, e gia' ne riconoscono il suono. Non sei tu Romeo, un Montecchi?
ROMEO
Ne' Romeo ne' Montecchi, amor mio, se ti dispiacciono.
GIULIETTA
Dimmi come sei arrivato qui, e perche'? I muri del giardino sono alti, difficili da scalare,e questo posto, col nome che porti,significa morte per te, se mai ti trovassero.
ROMEO
Sulle ali leggere dell'amore ho superato queste mura: non ci sono limiti di pietra che possano impedire il passo all'amore, e cio' che l'amore puo' fare, l'amore osa tentarlo. Ecco perche' i tuoi parenti non mi possono fermare.
GIULIETTA
Se ti vedono ti uccideranno.
ROMEO
Ahime', c'e' piu' pericolo nei tuoi occhi che in venti delle loro spade. Guardami con dolcezza e saro' corazzato contro il loro odio.
GIULIETTA
Per tutto il mondo, non vorrei ti vedessero qui.
ROMEO
Ho il mantello della notte per nascondermi ai loro occhi, ma se tu non mi ami, lascia pure che mi trovino qui. Preferirei che la mia vita finisse per il loro odio che prorogare la morte senza il tuo amore.
GIULIETTA
Come hai fatto a scoprire questo luogo?
ROMEO
E' stato l'amore che per primo mi ha spinto a cercarlo. Lui mi ha prestato consiglio, io gli ho prestato i miei occhi. Non sono certo un pilota di nave, ma se tu fossi lontana da me quanto quella vasta spiaggia bagnata dal mare più lontano, io mi ci avventurerei per una merce così preziosa.
GIULIETTA
Sai che la maschera della notte e' sul mio viso, altrimenti un rossore verginale tingerebbe le mie guance per cio' che m'hai sentito dire stanotte. Davvero, vorrei rispettare le forme, davvero, davvero cancellare ciò che mi è uscito di bocca, ma ormai, addio cerimonie! Mi ami davvero? So che mi dirai di si' e che io ti credero'. E' vero, con il giuramento potresti provarmi il contrario; ma anche Giove si dice rida degli spergiuri d'amore.
Dolce Romeo, se mi ami dimmelo con lealtà; e se credi che io mi sia lasciata vincere troppo presto, mi faro' burbera e cattiva e ti respingero' perche' tu ti metta a corteggiarmi. Ma no, per nulla al mondo lo farei. Davvero, Montecchi mio caro, sono tanto innamorata che non m'importa di vederti giudicare leggera la mia condotta. Ma fidati di me, tu che sei un gentiluomo, e vedrai che sono piu' fedele di chi ha piu' astuzia e piu' riserbo. Sarei stata piu' riservata, lo confesso, se tu non avessi sentito, prima che io stessa me ne accorgessi, la mia passione. E allora perdonami, e non mi condannare se nel buio della notte ho in un baleno ceduto al tuo amore.
ROMEO
Madonna, io vi giuro sulla benedetta luna che inargenta le cime di questi melograni...
GIULIETTA
Oh no, non giurare sulla luna, sull'incostante luna che ogni mese si muta, a meno che il tuo amore sia altrettanto mutevole.
ROMEO
Su che cosa devo giurare?
GIULIETTA
Non giurare affatto o, se vuoi, giura su te stesso, divino signore della mia idolatria, e subito ti credero'.
ROMEO
Se il caro bene del mio cuore...

GIULIETTA
No, non giurare benche' tu sia la mia gioia io non riesco a gioire del patto d'amore che ci lega stasera, e' troppo rapido, troppo improvviso, troppo violento, troppo simile al fulmine che passa prima che si sia potuto dire "Fulmina!". Dolcezza mia, buonanotte. Questo boccio d'amore si maturera' nel soffio dell'estate e forse, quando ci ritroveremo, sarà uno splendido fiore.
Buonanotte, buonanotte! il riposo e la pace che scenderanno nel tuo cuore siano soavi come quelli che sono nel mio petto.
ROMEO
Vuoi lasciarmi così insoddisfatto?
GIULIETTA
E quale soddisfazione potresti avere stasera?
ROMEO
Quella di udirti ricambiare il mio voto d'amore.
GIULIETTA
Il mio voto te l'ho dato prima che tu me l'abbia chiesto eppure vorrei avere ancora da pronunciarlo.
ROMEO
Vorresti rinnegarlo? E perche', amore?
GIULIETTA
Per essere generosa e potertelo ridare. Ma io desidero solo quello che gia' ho. La mia generosita' e' come il mare e non ha confini, e il mio amore e' altrettanto profondo: ambedue sono infiniti e cosi' piu' do' a te e piu' ho per me.
(La Nutrice chiama dall'interno.)
Odo voci in casa. Addio, amore caro! Vengo, balia.
Dolce Montecchi, sii fedele. Aspettami costi', torno subito.
(Si ritira.)
ROMEO
Benedetta, benedetta notte! Ho paura, poi che e' notte, che tutto questo sia solo un sogno, troppo dolce e lusinghiero per essere vero.
(Giulietta si riaffaccia alla finestra.)
GIULIETTA
Tre parole, caro Romeo, e buonanotte per davvero. Se sei disposto ad amarmi con onore e se il tuo scopo e' di sposarmi, mandami a dire, domani, da chi incarichero' di venire da te, dove e a che ora vuoi celebrare il rito, e io mettero' ai tuoi piedi tutti i miei beni e ti seguiro', mio signore, per tutta la vita;
NUTRICE (da dentro)
Madonna!
GIULIETTA
Vengo subito... Ma se le tue intenzioni non sono buone, io ti scongiuro...
NUTRICE (da dentro)
Madonna!
GIULIETTA
Eccomi, vengo... di smettere la tua corte e di lasciarmi al mio dolore. Domattina mandero' da te.
ROMEO
Dio salvi l'anima mia...
GIULIETTA
Mille volte buonanotte!
(Esce.)
ROMEO
Mille volte cattiva, nel desiderio della tua luce. L'amore corre all'amore con la gioia con cui gli scolari fuggono dai libri; e l'amore fugge dall'amore con il mesto sguardo con cui lo scolaro corre alla scuola.
(Si allontana.)
(Giulietta torna ad affacciarsi alla finestra.)
GIULIETTA
Senti, Romeo, senti! Oh, se avessi la voce d'un falconiere per adescare questo falchetto! La voce di chi e' schiavo e' fioca e non puo' parlar forte, se no squarcerei la caverna dove si cela l'eco e pel gran ripetere il nome del mio Romeo renderei quell'aerea voce piu' roca della mia. Romeo!
ROMEO
E' l'anima mia che pronuncia il mio nome cosi': la voce degli amanti nella notte e' argentea come la piu' dolce delle musiche.
GIULIETTA
Romeo!
ROMEO
Cara!
GIULIETTA
A che ora, domattina, posso mandare da te?
ROMEO
Alle nove.
GIULIETTA
Non manchero': han da passare vent'anni per arrivare a quell'ora. Non mi ricordo piu' perche' t'ho richiamato.
ROMEO
Lasciami aspettare che tu te lo rammenti.
GIULIETTA
Lo dimentichero' per vederti ancora costa', e ricordero' solo come io goda la tua compagnia.
ROMEO
E io ci rimarro' perche' tu continui a dimenticare, dimenticando ogni luogo che non sia questo.
GIULIETTA
E' quasi giorno; vorrei tu te ne fossi andato ma non piu' lontano d'un fringuello che balzi via dalla mano di una lieta ragazzetta, come un povero prigioniero fuori dalle sue catene, e che ella, gelosa di quella liberta', riconduca a se' con un filo di seta.
ROMEO
Vorrei essere io il tuo prigioniero.
GIULIETTA
E cosi' vorrei io, dolcezza mia, ma ti finirei per le molte carezze. Buonanotte, buonanotte! Lasciarti e' un dolore cosi' dolce che vorrei dir buonanotte finche' fosse giorno.
ROMEO
Sonno agli occhi tuoi, pace al tuo cuore! Vorrei essere io il tuo sonno e la tua pace. Adesso vado alla cella del mio confessore a chiedergli aiuto e a confidargli la mia fortuna.
(Esce.)

domenica, agosto 28, 2005

La fine del giorno

Sotto una luce bigia, senza posa,
senza ragione, si contorce e incalza
danzando, spudorata e rumorosa,
la Vita: così, poi, quando s'innalza

voluttuosa la notte all'orizzonte,
e tutto, anche le fami, in sé racqueta,
tutto annuvola e spegne, anche le onte,
"Eccoti, alfine!" mormora il poeta.

"Pace ti chiede il mio spirito ed ogni
mia fibra, pace, e null'altro elisire;
ricolmo il cuore di funebri sogni,

vo' stendere le mie membra supine
nella frescura delle tue cortine
e quivi sempre, o tenebra, dormire!"
Charles Baudelaire



sabato, agosto 27, 2005

j.j.


Come vorrei essere cosi' oggi...
indifferente e maestosa.

Ed e' subito sera

Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed e' subito sera.

Salvatore Quasimodo

Spleen

Pluvioso,
irritato contro l'intera citta',
versa dalla sua urna a grandi zaffate
un freddo tenebroso sui pallidi abitanti dei vicino camposanto,
rovesciando, sui quartieri brumosi, la morte.
Il mio gatto, alla cerca d'un giaciglio sul pavimento agita incessantemente il suo corpo magro e rognoso;
l'animad'un vecchio poeta erra nella grondaia
con la voce triste d'un fantasma infreddolito.
La campana che si lagna e il tizzo che fa fumo
accompagnano in falsetto la pentola raffreddata;
intanto in un mazzo di carte dall'odore nauseante,
lascito fatale d'una vecchia idropica
il bel fante di cuorie la regina di picche
chiacchierano sinistramente dei loro amori defunti.

Charles Baudelaire

Blowing


Tutti i grandi sono stati bambini una volta (Ma pochi di essi se ne ricordano.)

Il paese delle lacrime e' cosi' misterioso.

"Ammirami" disse il vanitoso"Ti ammiro" rispose il Piccolo Principe "ma tu che te ne fai?"

"Perché bevi?" chiese il Piccolo Principe all'ubriacone
"Per dimenticare che ho vergogna" risposte quest'ultimo
"Vergogna di ché?" insistette il Piccolo Principe
"Vergogna di bere.."
I grandi, decisamente, sono molto, molto bizzarri, si disse il Piccolo Principe mentre se ne andava.

"A che ti serve possedere le stelle?" chiese il Piccolo Principe all'uomo
"Mi serve ad essere ricco""E a che serve essere ricco?"
"A comperare delle altre stelle se qualcuno ne trova"
"Io" disse il Piccolo Principe "possiedo un fiore che innaffio tutti i giorni e possiedo tre vulcani dei quali spazzo il camino tutte le settimane. E' utileai miei vulcani e al mio fiore che li possegga. Ma tu non sei utile alle stelle.."

Bisogna esigere da ciascuno quello che ciascuno puo'dare

I grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano a spiegargli tutto ogni volta.

E’ molto piu' difficile giudicare se stessi che gli altri.

Mi domando se le stelle sono illuminate perché ognuno possa un giorno trovare la sua

Non si vede bene che con il cuore. L’ essenziale e' invisibile agli occhi

E’ il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa cosi' importante
Tu diventi responsabile di cio' che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa
Mi e' sempre piaciuto il deserto. Ci si siede su una duna di sabbia. Non si vede nulla. Non si sente nulla. E tuttavia qualche cosa risplende nel silenzio.
Che si tratti di una casa, delle stelle o del deserto, quello che fa la loro bellezza e' invisibile

Il Piccolo Principe fini sulla terra, nel bel mezzo del deserto.
"Dove sono gli uomini?" disse il Piccolo Principe "si é un po' soli nel deserto"
"Si é soli anche con gli uomini" rispose il serpente

Da te gli uomini coltivano cinquemila rose nello stesso giardino.. e non trovano quello che cercano.. E tuttavia quello che cercano potrebbe essere in una sola rosa o in un po’ di acqua...

Il Piccolo Principe incontro' un mercante di pillole che calmavano la sete.
"Perché vendi questa roba?" chiese il Piccolo Principe
"E' una grossa economia di tempo" disse il mercante "gli esperti hanno fatto dei calcoli. Si risparmiano 53 minuti alla settimana."
"E che cosa se ne fa di questi 53 minuti?" chiese perplesso il Piccolo Principe
"Se ne fa quel che si vuole.." rispose sicuro il mercante
"Io" disse il Piccolo Principe "se avessi 53 minuti da spendere, camminerei adagio,adagio verso la fontana.."

venerdì, agosto 26, 2005

Il colore del grano


"...in quel momento apparve la volpe: "Buon giorno".
"Buon giorno" disse gentilmente il piccolo principe voltandosi: ma non vide nessuno.
"Sono qui", disse la voce, "...sotto il melo".
"Chi sei?" chiese il piccolo principe.
"Sono una volpe", disse la volpe.
"Vieni a giocare con me?", le propose il piccolo principe "sono cosi' triste...".
"Non posso giocare con te", disse la volpe, "non sono addomesticata".
"Ah, scusa!", fece il piccolo principe. "Che cosa vuol dire addomesticare?"
"E' una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami".
"Creare di legami?".
"Certo",disse la volpe, "tu, fino ad ora, per me non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io saro' per te unica al mondo. (...) Se tu mi addomestichi la mia vita sara' come illuminata. Conoscero' un rumore di passi che sara' diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi faranno nascondere sotto terra. Il tuo mi fara' uscire dalla tana come una musica. E poi guarda! Vedi laggiu' in fondo dei campi di grano? Io non mangio il pane, e per me il grano e' inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo e' triste! Ma tu hai i capelli color dell'oro. Allora sara' meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano che e' dorato, mi fara' pensare a te. E amero' il rumore del vento nel grano..."
La volpe tacque e guardo' a lungo il piccolo principe: "Per favore ... addomesticami", disse.
"Volentieri, che bisogna fare?", domando' il piccolo principe.
"Bisogna essere molto pazienti",rispose la volpe. "In principio tu ti siederai un po' lontano da me, cosi', nell'erba. Io ti guardero' con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' piu' vicino...".
Il piccolo principe ritorno' l'indomani.
"Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora", disse la volpe. "Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincio ad essere felice. Col passare dell'ora aumentera' la mia felicita'! Ma se tu vieni non si sa quando, io non sapro' mai a che ora prepararmi il cuore... ci vogliono i riti".
"Che cos'e'? un rito?", disse il piccolo principe.
"Anche questa e' una cosa da tempo dimenticata", disse la volpe."E' quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un'ora dalle altre ore" (...)
Cosi' il piccolo principe addomestico' la volpe, e quando l'ora della partenza del piccolo principe fu vicina: "Ah!", disse la volpe, "... piangero'".
"La colpa e' tua", disse il piccolo principe, "io non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi e che diventassimo amici...".
"E' vero", disse la volpe.
"Ma sapevi che avresti pianto!", disse il piccolo principe. "Certo", disse la volpe. "Ma allora che ci guadagni?"
"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".

sabato, agosto 20, 2005

Grrr


Grrr che nervoso.
Piove e sono triste.
Binomio perfetto.

venerdì, agosto 19, 2005

solitudine e rimorso


Animali di sabbia corrono silenziosi
nell'inquietudine della valle.
Echi di fili sbiaditi coperti da oscuri mantelli di ambasciatori notturni
si disperdono,
e come l'astuto veleno della vipera
si diffonde e penetra nelle vene,
come gli spietati denti del predatore
si conficcano in deboli e tenere anime,
si ripercuotono in boriose danze del vento,
che cela agli occhi stanchi e rugosi i ricordi sperduti.
Nascoste mani rubano realtà
dal fredo ventre del monte...
polvere nei discorsi scheggiati
da antichi e oltraggiosi silenzi
che come campane risuonano lenti
negli attimi di taciturni sguardi rugosi,
memori di proibiti giochi rubati.