venerdì, agosto 18, 2006

Passi per riflettere - La locandiera di Carlo Goldoni

- ATTO I -
SCENA TERZA
Il Marchese ed il Conte.


MARCHESE: Voi credete di soverchiarmi con i regali, ma non farete niente. Il mio grado val più di tutte le vostre monete.
CONTE: Io non apprezzo quel che vale, ma quello che si puo' spendere.
MARCHESE: Spendete pure a rotta di collo. Mirandolina non fa stima di voi.
CONTE: Con tutta la vostra gran nobilta', credete voi di essere da lei stimato? Vogliono esser denari.
MARCHESE: Che denari? Vuol esser protezione. Esser buono in un incontro di far un piacere.
CONTE: Si', esser buono in un incontro di prestar cento doppie.
MARCHESE: Farsi portar rispetto bisogna.
CONTE: Quando non mancano denari, tutti rispettano
MARCHESE: Voi non sapete quel che vi dite.
CONTE: L'intendo meglio di voi.
SCENA VENTITREESIMA

MIRANDOLINA (sola)
Con tutte le sue ricchezze, con tutti li suoi regali, non arrivera' mai ad innamorarmi; e molto meno lo fara' il Marchese colla sua ridicola protezione. Se dovessi attaccarmi ad uno di questi due, certamente lo farei con quello che spende piu'. Ma non mi preme ne' dell'uno, ne' dell'altro. Sono in impegno d'innamorar il Cavaliere di Ripafratta, e non darei un tal piacere per un gioiello il doppio piu' grande di questo. Mi proverò; [...]. Il Conte ed il Marchese, frattanto che con quelle si vanno trattenendo, mi lasceranno in pace; e potro' a mio bell'agio trattar col Cavaliere. Possibile ch'ei non ceda? Chi e' quello che possa resistere ad una donna, quando le da' tempo di poter far uso dell'arte sua? Chi fugge non puo' temer d'esser vinto, ma chi si ferma, chi ascolta, e se ne compiace, deve o presto o tardi a suo dispetto cadere.



- ATTO II -

SCENA PRIMA
Camera del Cavaliere, con tavola apparecchiata per il pranzo e sedie.Il Cavaliere ed il suo Servitore, poi Fabrizio.Il Cavaliere passeggia con un libro. Fabrizio mette la zuppa in tavola.
SERVITORE: Questa camera e' stata servita prima di tutte. Il signor Conte d'Albafiorita strepitava che voleva essere servito il primo, ma la padrona ha voluto che si desse in tavola prima a V.S. illustrissima.
CAVALIERE: Sono obbligato a costei per l'attenzione che mi dimostra.
SERVITORE: E' una assai compita donna, illustrissimo. In tanto mondo che ho veduto, non ho trovato una locandiera piu' garbata di questa.
CAVALIERE: Ti piace, eh? (Voltandosi un poco indietro.)
SERVITORE: Se non fosse per far torto al mio padrone, vorrei venire a stare con Mirandolina per cameriere.
CAVALIERE: Povero sciocco! Che cosa vorresti ch'ella facesse di te? (Gli da' il tondo, ed egli lo muta.)
SERVITORE: Una donna di questa sorta, la vorrei servir come un cagnolino. (Va per un piatto.)CAVALIERE: Per bacco! Costei incanta tutti. Sarebbe da ridere che incantasse anche me. Orsu', domani me ne vado a Livorno. S'ingegni per oggi, se puo', ma si assicuri che non sono si' debole. Avanti ch'io superi l'avversion per le donne, ci vuol altro.
SCENA SECONDA

Il Servitore col lesso ed un altro piatto, e detto.

SERVITORE: Ha detto la padrona, che se non le piacesse il pollastro, le mandera' un piccione.
CAVALIERE: Mi piace tutto. E questo che cos'e'?
SERVITORE: Disse la padrona, ch'io le sappia dire se a V.S. illustrissima piace questa salsa, che l'ha fatta ella colle sue mani.
CAVALIERE: Costei mi obbliga sempre piu'. (L'assaggia.) E' preziosa. Dille che mi piace, che la ringrazio.
SERVITORE: Glielo diro', illustrissimo.
CAVALIERE: Vaglielo a dir subito.
SERVITORE: Subito. (Oh che prodigio! Manda un complimento a una donna!). (Da se', parte.)CAVALIERE: E' una salsa squisita. Non ho sentita la meglio. (Va mangiando.) Certamente, se Mirandolina fara' cosi', avra' sempre de' forestieri. Buona tavola, buona biancheria. E poi non si puo' negare che non sia gentile; ma quel che piu' stimo in lei, e' la sincerita'. Oh, quella sincerita' e' pure la bella cosa! Perche' non posso io vedere le donne? Perche' sono finte, bugiarde, lusinghiere. Ma quella bella sincerità...
SCENA QUARTA
MIRANDOLINA: In verita', non avrei difficolta' di servire in tavola tutti, ma non lo faccio per certi riguardi: non so s'ella mi capisca. Da lei vengo senza scrupoli, con franchezza.
CAVALIERE: Vi ringrazio. Che vivanda e' questa?
MIRANDOLINA: Egli e' un intingoletto fatto colle mie mani.
CAVALIERE: Sara' buono. Quando lo avete fatto voi, sara' buono.
MIRANDOLINA: Oh! troppa bonta', signore. Io non so far niente di bene; ma bramerei saper fare, per dar nel genio ad un Cavalier si' compìto.
CAVALIERE: (Domani a Livorno). (Da sé.) Se avete che fare, non istate a disagio per me.
MIRANDOLINA: Niente, signore: la casa e' ben provveduta di cuochi e servitori. Avrei piacere di sentire, se quel piatto le da' nel genio.
CAVALIERE: Volentieri, subito. (Lo assaggia.) Buono, prezioso. Oh che sapore! Non conosco che cosa sia.
MIRANDOLINA: Eh, io, signore, ho de' secreti particolari. Queste mani sanno far delle belle cose!
CAVALIERE: Dammi da bere. (Al Servitore, con qualche passione.)MIRANDOLINA: Dietro questo piatto, signore, bisogna beverlo buono.CAVALIERE: Dammi del vino di Borgogna. (Al Servitore.)
MIRANDOLINA: Bravissimo. Il vino di Borgogna e' prezioso. Secondo me, per pasteggiare e' il miglior vino che si possa bere. (Il Servitore presenta la bottiglia in tavola, con un bicchiere.)CAVALIERE: Voi siete di buon gusto in tutto.
MIRANDOLINA: In verita', che poche volte m'inganno.
CAVALIERE: Eppure questa volta voi v'ingannate.
MIRANDOLINA: In che, signore?
CAVALIERE: In credere ch'io meriti d'essere da voi distinto.
MIRANDOLINA: Eh, signor Cavaliere... (Sospirando.)
CAVALIERE: Che cosa c'e'? Che cosa sono questi sospiri? (Alterato.)
MIRANDOLINA: Le diro': delle attenzioni ne uso a tutti, e mi rattristo quando penso che non vi sono che ingrati.
CAVALIERE: Io non vi saro' ingrato. (Con placidezza.)
MIRANDOLINA: Con lei non pretendo di acquistar merito, facendo unicamente il mio dovere.
CAVALIERE: No, no, conosco benissimo... Non sono cotanto rozzo quanto voi mi credete. Di me non avrete a dolervi. (Versa il vino nel bicchiere.)
MIRANDOLINA: Alla salute di tutto quello che da' piacere al signor Cavaliere.
CAVALIERE: Vi ringrazio, padroncina garbata.
MIRANDOLINA: Di questo brindisi alle donne non ne tocca.
CAVALIERE: No? Perche'?
MIRANDOLINA: Perche' so che le donne non le puo' vedere.
CAVALIERE: E' vero, non le ho mai potute vedere.
MIRANDOLINA: Si conservi sempre cosi'.
CAVALIERE: Non vorrei... (Si guarda dal Servitore.)
MIRANDOLINA: Che cosa, signore?
CAVALIERE: Sentite. (Le parla nell'orecchio.) (Non vorrei che voi mi faceste mutar natura).
MIRANDOLINA: Io, signore? Come?
CAVALIERE: Va via. (Al Servitore.)
[...]
(Da sé, parte.)
CAVALIERE: Mirandolina, voi siete una garbata giovine.
MIRANDOLINA: Oh signore, mi burla
CAVALIERE: Sentite. Voglio dirvi una cosa vera, verissima, che ritornera' in vostra gloria.
MIRANDOLINA: La sentiro' volentieri.
CAVALIERE: Voi siete la prima donna di questo mondo, con cui ho avuto la sofferenza di trattar con piacere.
MIRANDOLINA: Le diro', signor Cavaliere: non gia' ch'io meriti niente, ma alle volte si danno questi sangui che s'incontrano. Questa simpatia, questo genio, si da' anche fra persone che non si conoscono. Anch'io provo per lei quello che non ho sentito per alcun altro.
CAVALIERE: Ho paura che voi mi vogliate far perdere la mia quiete.
MIRANDOLINA: Oh via, signor Cavaliere, se e' un uomo savio, operi da suo pari. Non dia nelle debolezze degli altri. In verita', se me n'accorgo, qui non ci vengo piu'. Anch'io mi sento un non so che di dentro, che non ho piu' sentito; ma non voglio impazzire per uomini, e molto meno per uno che ha in odio le donne; e che forse forse per provarmi, e poi burlarsi di me, viene ora con un discorso nuovo a tentarmi. Signor Cavaliere, mi favorisca un altro poco di Borgogna.
CAVALIERE: Eh! Basta... (Versa il vino in un bicchiere.)
MIRANDOLINA: (Sta lì lì per cadere).
(Da sé.)CAVALIERE: Tenete. (Le dà il bicchiere col vino.)
MIRANDOLINA: Obbligatissima. Ma ella non beve?
CAVALIERE: Sì, bevero'. (Sarebbe meglio che io mi ubbriacassi. Un diavolo scaccerebbe l'altro).

SCENA QUINTA
Il Marchese e detti.

SCENA SESTA
MARCHESE: Fatemi il piacere, restate ancora un poco.
MIRANDOLINA: Ma signore, ho da attendere a' fatti miei; e poi il signor Cavaliere...
MARCHESE: Vi contentate ch'ella resti ancora un poco? (Al Cavaliere.)
CAVALIERE: Che volete da lei?
MARCHESE: Voglio farvi sentire un bicchierino di vin di Cipro che, da che siete al mondo, non avrete sentito il compagno. E ho piacere che Mirandolina lo senta, e dica il suo parere.
CAVALIERE: Via, per compiacere il signor Marchese, restate. (A Mirandolina.)
MIRANDOLINA: Il signor Marchese mi dispensera'.
MARCHESE: Non volete sentirlo?
MIRANDOLINA: Un'altra volta, Eccellenza.
CAVALIERE: Via, restate.
MIRANDOLINA: Me lo comanda? (Al Cavaliere.)
CAVALIERE: Vi dico che restiate.
MIRANDOLINA: Obbedisco. (Siede.)
CAVALIERE: (Mi obbliga sempre piu').
CAVALIERE: (Il Marchese avra' gelosia, che siate vicina a me). (Piano a Mirandolina.)MIRANDOLINA: (Non m'importa di lui ne' poco, ne' molto). (Piano al Cavaliere.)
CAVALIERE: (Siete anche voi nemica degli uomini?). (Piano a Mirandolina.)
MIRANDOLINA: (Come ella lo e' delle donne). (Come sopra.)
CAVALIERE: (Queste mie nemiche si vanno vendicando di me). (Come sopra.)
MIRANDOLINA: (Come, signore?). (Come sopra.)
CAVALIERE: (Eh! furba! Voi vedrete benissimo...). (Come sopra.)
MARCHESE: Amico, alla vostra salute. (Beve il vino di Borgogna.)
CAVALIERE: Ebbene? Come vi pare?
MARCHESE: Con vostra buona grazia, non val niente. Sentite il mio vin di Cipro.
CAVALIERE: Ma dov'e' questo vino di Cipro?
MARCHESE: L'ho qui, l'ho portato con me, voglio che ce lo godiamo: ma! e' di quello. Eccolo. (Tira fuori una bottiglia assai piccola.)
MIRANDOLINA: Per quel che vedo, signor Marchese, non vuole che il suo vino ci vada alla testa.
MARCHESE: Questo? Si beve a gocce, come lo spirito di melissa. Ehi? Li bicchierini. (Apre la bottiglia.)
SERVITORE (porta de' bicchierini da vino di Cipro.)
MARCHESE: Eh, son troppo grandi. Non ne avete di più piccoli? (Copre la bottiglia colla mano.)CAVALIERE: Porta quei da rosolio. (Al Servitore.)
MIRANDOLINA: Io credo che basterebbe odorarlo.
MARCHESE: Uh caro! Ha un odor che consola. (Lo annusa.)
SERVITORE (porta tre bicchierini sulla sottocoppa.)
MARCHESE (versa pian piano, e non empie li bicchierini, poi lo dispensa al Cavaliere, a Mirandolina, e l'altro per sé, turando bene la bottiglia): Che nettare! Che ambrosia! Che manna distillata! (Bevendo.)
CAVALIERE: (Che vi pare di questa porcheria?). (A Mirandolina, piano.)
MIRANDOLINA: (Lavature di fiaschi). (Al Cavaliere, piano.)
MARCHESE: Ah! Che dite? (Al Cavaliere.)
CAVALIERE: Buono, prezioso.
MARCHESE: Ah! Mirandolina, vi piace?
MIRANDOLINA: Per me, signore, non posso dissimulare; non mi piace, lo trovo cattivo, e non posso dir che sia buono. Lodo chi sa fingere. Ma chi sa fingere in una cosa, sapra' fingere nell'altre ancora.



SCENA NONA

Il Cavaliere, ed il Servitore.
CAVALIERE: Bravissima, venite qui: sentite. Ah malandrina! Se n'e' fuggita. Se n'e'fuggita, e mi ha lasciato cento diavoli che mi tormentano.
SERVITORE: Comanda le frutta in tavola? (Al Cavaliere.)
CAVALIERE: Va al diavolo ancor tu. (Il Servitore parte.) Bevo il vin, cogli occhi poi, faccio quel che fate voi? Che brindisi misterioso è questo? Ah maladetta, ti conosco. Mi vuoi abbattere, mi vuoi assassinare. Ma lo fa con tanta grazia! Ma sa cosi' bene insinuarsi... Diavolo, diavolo, me la farai tu vedere? No, andero' a Livorno. Costei non la voglio piu' rivedere. Che non mi venga piu' tra i piedi. Maledettissime donne! Dove vi sono donne, lo giuro non vi andero' mai piu'. (Parte.)


SCENA QUATTORDICESIMA

Il Cavaliere, poi il di lui Servitore.

CAVALIERE: [...] quando posso, le donne le strapazzo col maggior piacere del mondo. Non ho pero' potuto strapazzar Mirandolina. Ella mi ha vinto con tanta civilta', che mi trovo obbligato quasi ad amarla. Ma e' donna; non me ne voglio fidare. Voglio andar via. Domani andero' via. Ma se aspetto a domani? Se vengo questa sera a dormir a casa, chi mi assicura che Mirandolina non finisca a rovinarmi? (Pensa.) Si'; facciamo una risoluzione da uomo.
[...] Oh, quanto mi dispiace andar via, per causa di Mirandolina! [...] Eppure e' vero. Io sento nel partir di qui una dispiacenza nuova, che non ho mai provata. Tanto peggio per me, se vi restassi. Tanto piu' presto mi conviene partire. Si', donne, sempre piu' diro' male di voi; si', voi ci fate del male, ancora quando ci volete fare del bene.

SCENA SEDICESIMA

CAVALIERE (solo): Tutti sono invaghiti di Mirandolina. Non e' maraviglia, se ancor io principiava a sentirmi accendere. Ma andero' via; superero' questa incognita forza... Che vedo? Mirandolina? Che vuole da me? Ha un foglio in mano. Mi portera'conto. Che cosa ho da fare? Convien soffrire quest'ultimo assalto. Gia' da qui a due ore io parto.

SCENA DICIASSETTESIMA

Mirandolina con un foglio in mano, e detto.

MIRANDOLINA: Signore. (Mestamente.)
CAVALIERE: Che c'e', Mirandolina?
MIRANDOLINA: Perdoni. (Stando indietro.)
CAVALIERE: Venite avanti.
MIRANDOLINA: Ha domandato il suo conto; l'ho servita. (Mestamente.)
CAVALIERE: Date qui.
MIRANDOLINA: Eccolo. (Si asciuga gli occhi col grembiale, nel dargli il conto.)
CAVALIERE: Che avete? Piangete?
MIRANDOLINA: Niente, signore, mi e' andato del fumo negli occhi.
CAVALIERE: Del fumo negli occhi? Eh! basta... quanto importa il conto? (legge.) Venti paoli? In quattro giorni un trattamento si generoso: venti paoli?
MIRANDOLINA: Quello e' il suo conto.
CAVALIERE: E i due piatti particolari che mi avete dato questa mattina, non ci sono nel conto?MIRANDOLINA: Perdoni.
Quel ch'io dono, non lo metto in conto.
CAVALIERE: Me li avete voi regalati?
MIRANDOLINA: Perdoni la liberta'. Gradisca per un atto di... (Si copre, mostrando di piangere.
CAVALIERE: Ma che avete?
MIRANDOLINA: Non so se sia il fumo, o qualche flussione di occhi.
CAVALIERE: Non vorrei che aveste patito, cucinando per me quelle due preziose vivande.
MIRANDOLINA: Se fosse per questo, lo soffrirei... volentieri... (Mostra trattenersi di piangere.)CAVALIERE: (Eh, se non vado via!). (Da sé.) Orsu', tenete. Queste sono due doppie. Godetele per amor mio... e compatitemi... (S'imbroglia.)
MIRANDOLINA (senza parlare, cade come svenuta sopra una sedia.)
CAVALIERE: Mirandolina. Ahime'! Mirandolina. E' svenuta. Che fosse innamorata di me? Ma cosi' presto? E perche' no? Non sono io innamorato di lei? Cara Mirandolina... Cara? Io cara ad una donna? Ma se e' svenuta per me. Oh, come tu sei bella! Avessi qualche cosa per farla rinvenire. Io che non pratico donne, non ho spiriti, non ho ampolle. Chi e' di la'? Vi e' nessuno? Presto?... Andero' io. Poverina! Che tu sia benedetta! (Parte, e poi ritorna.)
MIRANDOLINA: Ora poi e' caduto affatto. Molte sono le nostre armi, colle quali si vincono gli uomini. Ma quando sono ostinati, il colpo di riserva sicurissimo e' uno svenimento. Torna, torna. (Si mette come sopra.)
CAVALIERE (torna con un vaso d'acqua.): Eccomi, eccomi. E non è ancor rinvenuta. Ah, certamente costei mi ama. (La spruzza, ed ella si va movendo.) Animo, animo. Son qui cara. Non partiro' piu' per ora.



SCENA DICIANNOVESIMA
Il Marchese ed il Conte, e detti.
[...]
MARCHESE: Io l'ho fatta rinvenire.
CONTE: Mi rallegro, signor Cavaliere.
MARCHESE: Bravo quel signore, che non puo' vedere le donne.
CAVALIERE: Che impertinenza?
CONTE: Siete caduto?
CAVALIERE: Andate al diavolo quanti siete. (Getta il vaso in terra, e lo rompe verso il Conte ed il Marchese, e parte furiosamente.)
CONTE: Il Cavaliere e' diventato pazzo. (Parte.)
MARCHESE: Di questo affronto voglio soddisfazione. (Parte.)
MIRANDOLINA: L'impresa e' fatta. Il di lui cuore e' in fuoco, in fiamme, in cenere. Restami solo, per compiere la mia vittoria, che si renda pubblico il mio trionfo, a scorno degli uomini presuntuosi, e ad onore del nostro sesso. (Parte.)
SCENA QUARTA
MIRANDOLINA: Per grazia del cielo, non sono soggetta agli svenimenti. Mi e' accaduto oggi quello che mi e' accaduto mai piu'. (Stirando.)
CAVALIERE: Cara mirandolina... non vorrei esser io stato cagione di quel funesto accidente.
MIRANDOLINA: Eh si', ho timore che ella appunto ne sia stata la causa. (Stirando.)CAVALIERE: Io? Davvero? (Con passione.)
MIRANDOLINA: Mi ha fatto bere quel maledetto vino di Borgogna, e mi ha fatto male. (Stirando con rabbia.)
CAVALIERE: Come? Possibile? (Rimane mortificato.)
MIRANDOLINA: E' cosi' senz'altro. In camera sua non ci vengo mai piu'. (Stirando.)CAVALIERE: V'intendo. In camera mia non ci verrete piu'? Capisco il mistero. Si', lo capisco. Ma veniteci, cara, che vi chiamerete contenta. (Amoroso.)
MIRANDOLINA: Questo ferro e' poco caldo. Ehi; Fabrizio? se l'altro ferro e' caldo, portatelo. (Forte verso la scena.)
CAVALIERE: Fatemi questa grazia, tenete questa boccetta.
MIRANDOLINA: In verita', signor Cavaliere, dei regali io non ne prendo. (Con disprezzo, stirando.)
CAVALIERE: Li avete pur presi dal Conte d'Albafiorita.
MIRANDOLINA: Per forza. Per non disgustarlo. (Stirando.)
CAVALIERE: E vorreste fare a me questo torto? e disgustarmi?
MIRANDOLINA: Che importa a lei, che una donna la disgusti? Gia' le donne non le può vedere.
CAVALIERE: Ah, Mirandolina! ora non posso dire cosi'.
MIRANDOLINA: Signor Cavaliere, a che ora fa la luna nuova?
CAVALIERE: Il mio cambiamento non e' lunatico. Questo e' un prodigio della vostra bellezza, della vostra grazia.
MIRANDOLINA: Ah, ah, ah. (Ride forte, e stira.)
CAVALIERE: Ridete?
MIRANDOLINA: Non vuol che rida? Mi burla, e non vuol ch'io rida?
CAVALIERE: Eh furbetta! Vi burlo eh? Via, prendete questa boccetta.
MIRANDOLINA: Grazie, grazie. (Stirando.)
CAVALIERE: Prendetela, o mi farete andare in collera.
MIRANDOLINA: Fabrizio, il ferro. (Chiamando forte, con caricatura.)
CAVALIERE: La prendete, o non la prendete? (Alterato.)
MIRANDOLINA: Furia, furia. (Prende la boccetta, e con disprezzo la getta nel paniere della biancheria.)
CAVALIERE: La gettate cosi'?
MIRANDOLINA: Fabrizio! (Chiama forte, come sopra.)
SCENA SESTA

MIRANDOLINA: Parli pure, che io l'ascolto. (Stirando.)
CAVALIERE: Non potreste per un poco lasciar di stirare?
MIRANDOLINA: Oh perdoni! Mi preme allestire questa biancheria per domani.
CAVALIERE: Vi preme dunque quella biancheria piu' di me?
MIRANDOLINA: Sicuro. (Stirando.)
CAVALIERE: E ancora lo confermate?
MIRANDOLINA: Certo. Perche' di questa biancheria me ne ho da servire, e di lei non posso far capitale di niente. (Stirando.)
CAVALIERE: Anzi potete dispor di me con autorita'.
MIRANDOLINA: Eh, che ella non puo' vedere le donne.
CAVALIERE: Non mi tormentate piu'. Vi siete vendicata abbastanza. Stimo voi, stimo le donne che sono della vostra sorte, se pur ve ne sono. Vi stimo, vi amo, e vi domando pieta'.
MIRANDOLINA: Si' signore, glielo diremo. (Stirando in fretta, si fa cadere un manicotto.)CAVALIERE (leva di terra il manicotto, e glielo da'): Credetemi...
MIRANDOLINA: Non s'incomodi.
CAVALIERE: Voi meritate di esser servita.
MIRANDOLINA: Ah, ah, ah. (Ride forte.)
CAVALIERE: Ridete?
MIRANDOLINA: Rido, perche' mi burla.
CAVALIERE: Mirandolina, non posso piu'.
MIRANDOLINA: Le vien male?
CAVALIERE: Si', mi sento mancare.
MIRANDOLINA: Tenga il suo spirito di melissa. (Gli getta con disprezzo la boccetta.)CAVALIERE: Non mi trattate con tanta asprezza. Credetemi, vi amo, ve lo giuro. (Vuol prenderle la mano, ed ella col ferro lo scotta.) Ahime'!
MIRANDOLINA: Perdoni: non l'ho fatto apposta.
CAVALIERE: Pazienza! Questo e' niente. Mi avete fatto una scottatura piu' grande.
MIRANDOLINA: Dove, signore?
CAVALIERE: Nel cuore.
MIRANDOLINA: Fabrizio. (Chiama ridendo.)
CAVALIERE: Per carita', non chiamate colui.
MIRANDOLINA: Ma se ho bisogno dell'altro ferro.
CAVALIERE: Aspettate... (ma no...) chiamero' il mio servitore.
MIRANDOLINA: Eh! Fabrizio... (Vuol chiamare Fabrizio.)
CAVALIERE: Giuro al cielo, se viene colui, gli spacco la testa.
MIRANDOLINA: Oh, questa e' bella! Non mi potro' servire della mia gente?
CAVALIERE: Chiamate un altro; colui non lo posso vedere.
MIRANDOLINA: Mi pare ch'ella si avanzi un poco troppo, signor Cavaliere. (Si scosta dal tavolino col ferro in mano.)
CAVALIERE: Compatitemi... son fuori di me.
MIRANDOLINA: Andero' io in cucina, e sara' contento.
CAVALIERE: No, cara, fermatevi.
MIRANDOLINA: E' una cosa curiosa questa. (Passeggiando.)
CAVALIERE: Compatitemi. (Le va dietro.)
MIRANDOLINA: Non posso chiamar chi voglio? (Passeggia.)
CAVALIERE: Lo confesso. Ho gelosia di colui. (Le va dietro.)
MIRANDOLINA: (Mi vien dietro come un cagnolino). (Da se', passeggiando.)
CAVALIERE: Questa e' la prima volta ch'io provo che cosa sia amore.
MIRANDOLINA: Nessuno mi ha mai comandato. (Camminando.)
CAVALIERE: Non intendo di comandarvi: vi prego. (La segue.)
MIRANDOLINA: Ma che cosa vuole da me? (Voltandosi con alterezza.)
CAVALIERE: Amore, compassione, pieta'.
MIRANDOLINA: Un uomo che stamattina non poteva vedere le donne, oggi chiede amore e pieta'? Non gli abbado, non puo' essere, non gli credo. (Crepa, schiatta, impara a disprezzar le donne). (Da se', parte.)
SCENA SETTIMA
CAVALIERE (solo): Oh maledetto il punto, in cui ho principiato a mirar costei! Son caduto nel laccio, e non vi e' piu' rimedio.
SCENA DODICESIMA
CONTE: Che dite, signor Marchese, della bellissima novita'?
MARCHESE: Di quale novita'?
CONTE: Il Cavaliere Selvatico, il disprezzator delle donne, e' innamorato di Mirandolina.
MARCHESE: L'ho caro. Conosca suo malgrado il merito di questa donna; veda che io non m'invaghisco di chi non merita; e peni e crepi per gastigo della sua impertinenza.
CONTE: Ma se Mirandolina gli corrisponde?
MARCHESE: Cio' non puo' essere. Ella non fara' a me questo torto. Sa chi sono. Sa cosa ho fatto per lei.
CONTE: Io ho fatto per essa assai piu' di voi. Ma tutto e' gettato. Mirandolina coltiva il Cavaliere di Ripafratta, ha usato verso di lui quelle attenzioni che non ha praticato ne' a voi, ne' a me; e vedesi che, colle donne, piu' che si sa, meno si merita, e che burlandosi esse di che le adora, corrono dietro a chi le disprezza.
SCENA TREDICESIMA
MIRANDOLINA (sola):
Oh meschina me! Sono nel brutto impegno! Se il Cavaliere mi arriva, sto fresca. Si e' indiavolato maledettamente. Non vorrei che il diavolo lo tentasse di venir qui. Voglio chiudere questa porta. (Serra la porta da dove e' venuta.) Ora principio quasi a pentirmi di quel che ho fatto. E' vero che mi sono assai divertita nel farmi correr dietro a tal segno un superbo, un disprezzator delle donne; ma ora che il satiro e' sulle furie, vedo in pericolo la mia riputazione e la mia vita medesima. Qui mi convien risolvere quelche cosa di grande. Son sola, non ho nessuno dal cuore che mi difenda. Non ci sarebbe altri che quel buon uomo di Fabrizio, che in tal caso mi potesse giovare. Gli promettero' di sposarlo... Ma... prometti, prometti, si stanchera' di credermi... Sarebbe quasi meglio ch'io lo sposassi davvero. Finalmente con un tal matrimonio posso sperar di mettere al coperto il mio interesse e la mia reputazione, senza pregiudicare alla mia liberta'.
SCENA DICIOTTESIMA
Mirandolina, Fabrizio e detti.
CONTE: Eccolo li' il signor Cavaliere. E'innamorato di voi.
CAVALIERE: Io innamorato? Non e' vero; mentite.
MIRANDOLINA: Il signor Cavaliere innamorato di me? Oh no, signor Conte, ella s'inganna. Posso assicurarla, che certamente s'inganna.
CONTE: Eh, che siete voi pur d'accordo...
MIRANDOLINA: Si, si vede...
CAVALIERE: Che si sa? Che si vede? (Alterato, verso il Marchese.)
MARCHESE: Dico, che quando e', si sa... Quando non e', non si vede.
MIRANDOLINA: Il signor cavaliere innamorato di me? Egli lo nega, e negandolo in presenza mia, mi mortifica, mi avvilisce, e mi fa conoscere la sua costanza e la mia debolezza. Confesso il vero, che se riuscito mi fosse d'innamorarlo, avrei creduto di fare la maggior prodezza del mondo. Un uomo che non puo' vedere le donne, che le disprezza, che le ha in mal concetto, non si puo' sperare d'innamorarlo. Signori miei, io sono una donna schietta e sincera: quando devo dir, dico, e non posso celare la verita'. Ho tentato d'innamorare il signor Cavaliere, ma non ho fatto niente. (Al Cavaliere.)
CAVALIERE: (Ah! Non posso parlare). (Da se'.)
CONTE: Lo vedete? Si confonde. (A Mirandolina.)
MARCHESE: Non ha coraggio di dir di no. (A Mirandolina.)
CAVALIERE: Voi non sapete quel che vi dite. (Al Marchese, irato.)
MARCHESE: E sempre l'avete con me. (Al Cavaliere, dolcemente.)
MIRANDOLINA: Oh, il signor Cavaliere non s'innamora. Conosce l'arte. Sa la furberia delle donne: alle parole non crede; delle lagrime non si fida. Degli svenimenti poi se ne ride.
CAVALIERE: Sono dunque finte le lagrime delle donne, sono mendaci gli svenimenti?MIRANDOLINA: Come! Non lo sa, o finge di non saperlo?
CAVALIERE: Giuro al cielo! Una tal finzione meriterebbe uno stile nel cuore.
MIRANDOLINA: Signor Cavaliere, non si riscaldi, perche' questi signori diranno ch'e' innamorato davvero.
CONTE: Si', lo e', non lo puo' nascondere.
MARCHESE: Si vede negli occhi.
CAVALIERE: No, non lo sono. (Irato al Marchese.)
MARCHESE: E sempre con me.
MIRANDOLINA: No signore, non e' innamorato. Lo dico, lo sostengo, e son pronta a provarlo.
CAVALIERE: (Non posso piu'). (Da se'.) Conte, ad altro tempo mi troverete provveduto di spada. (Getta via la mezza spada del Marchese.)
MARCHESE: Ehi! la guardia costa denari. (La prende di terra.)
MIRANDOLINA: Si fermi, signor Cavaliere, qui ci va della sua riputazione. Questi signori credono ch'ella sia innamorato; bisogna disingannarli.
CAVALIERE: Non vi e' questo bisogno.
MIRANDOLINA: Oh si', signore. Si trattenga un momento.
CAVALIERE: (Che far intende costei?). (Da se'.)
MIRANDOLINA: Signori, il piu' certo segno d'amore e' quello della gelosia, e chi non sente la gelosia, certamente non ama. Se il signor Cavaliere mi amasse, non potrebbe soffrire ch'io fossi d'un altro, ma egli lo soffrira', e vedranno...
CAVALIERE: Di chi volete voi essere?
MIRANDOLINA: Di quello a cui mi ha destinato mio padre.
FABRIZIO: Parlate forse di me? (A Mirandolina.)
MIRANDOLINA: Sì, caro Fabrizio, a voi in presenza di questi cavalieri vo' dar la mano di sposa.
CAVALIERE: (Oime'! Con colui? non ho cuor di soffrirlo). (Da se', smaniando.)
CONTE: (Se sposa Fabrizio, non ama il Cavaliere). (Da se'.) Si', sposatevi, e vi prometto trecento scudi.
MARCHESE: Mirandolina, e' meglio un uovo oggi, che una gallina domani. Sposatevi ora, e vi do subito dodici zecchini.
MIRANDOLINA: Grazie, signori, non ho bisogno di dote. Sono una povera donna senza grazia, senza brio, incapace d'innamorar persone di merito. Ma Fabrizio mi vuol bene, ed io in questo punto alla presenza loro lo sposo...
CAVALIERE: Si', maledetta, sposati a chi tu vuoi. So che tu m'ingannasti, so che trionfi dentro di te medesima d'avermi avvilito, e vedo sin dove vuoi cimentare la mia tolleranza. Meriteresti che io pagassi gli inganni tuoi con un pugnale nel seno; meriteresti ch'io ti strappassi il cuore, e lo recassi in mostra alle femmine lusinghiere, alle femmine ingannatrici. Ma cio' sarebbe un doppiamente avvilirmi. Fuggo dagli occhi tuoi: maledico le tue lusinghe, le tue lagrime, le tue finzioni; tu mi hai fatto conoscere qual infausto potere abbia sopra di noi il tuo sesso, e mi hai fatto a costo mio imparare, che per vincerlo non basta, no, disprezzarlo, ma ci conviene fuggirlo.


SCENA ULTIMA
CONTE: Mirandolina, voi siete una gran donna, voi avete l'abilita' di condur gli uomini dove volete.
MARCHESE: Certamente la vostra maniera obbliga infinitamente.
[...]
MIRANDOLINA: Queste espressioni mi saran care, nei limiti della convenienza e dell'onesta'. Cambiando stato, voglio cambiar costume; e lor signori ancora profittino di quanto hanno veduto, in vantaggio e sicurezza del loro cuore; e quando mai si trovassero in occasioni di dubitare, di dover cedere, di dover cadere, pensino alle malizie imparate, e si ricordino della Locandiera.

4 Comments:

Blogger gugl said...

ma che senso ha postare tutto questo testo?

in verità passavo di qui perché visionabi i blog vicentini.

4:59 PM  
Blogger ventodiprimavera said...

forse perche' questa e' solo una raccolta e il mio blog e' senza 1?

10:56 PM  
Anonymous Anonimo said...

la locandiera di goldoni è un capolavoro, e mai opera mette di più il pover'uomo in guardia dai malizie e tranelli escogitati dalle donne, furbe e dotate di armi pericolose...

siamo burattini nelle vostre mani

12:32 PM  
Blogger Sorriso said...

fantastica....

6:03 PM  

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